martedì 31 gennaio 2012

TAGLI CAMERA

Camera: taglio di 1.300 euro dello stipendio dei deputati. Tetto anche ai compensi dei manager pubblici


Commenta



Da un lato la Camera che dà il via libera definitivo al sistema contributivo per i deputati e per i dipendenti di Montecitorio e taglia del 10% lo stipendio del Presidente, dei vicepresidenti, dei questori e dei presidenti di Commissione. Dall'altro il presidente del Consiglio, Mario Monti, che trasmette alle Camere lo schema di decreto che fissa un tetto allo stipendio dei manager pubblici. Così le Istituzioni provano a dare il buon esempio e a fare la propria parte di sacrifici chiesti a tutto il paese nel grave momento di crisi economica. Martedì toccherà al Senato nell'ufficio di presidenza delle 15 convocato per prendere le medesime decisioni che sono uscite dall'organo omonimo a Montecitorio.



I tagli. Al termine di una riunione di due ore, l'ufficio di presidenza di Montecitorio per sottolineate i 'sacrifici' chiesti ai deputati riepiloga i tagli e i mancati adeguamenti dello stipendio messi in atto negli ultimi 6 anni: ne viene fuori che se dal 2006 la Camera non avesse toccato gli stipendi dei deputati, oggi l'importo dell'indennità parlamentare sarebbe stato superiore a quello attuale del 20%: sarebbe stata cioè di 6769 euro al mese, ai quali si sarebbero aggiunti i 3.503 euro per le spese di soggiorno (la cosiddetta diaria), e i 3690 euro di rimborso forfetario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori, per un totale di 13962 euro al mese (al lordo delle ritenute regionali e comunali). Oggi invece chi siede tra i banchi di Montecitorio riceve uno stipendio netto che si aggira intorno ai 10.500 euro: 5.246 di indennità parlamentare (al lordo delle addizionali regionali e comunali), 3503 di diaria e 1800 di rimborso forfettario.

La busta paga risulta più magra per il taglio del 50% del rimborso forfettario (i restanti 1800 euro dovranno essere rendicontati con contratti, ricevute ecc.) mentre dalla voci del trattamento economico non viene toccata oggi né la diaria né l'indennità parlamentare: quest'ultima per la verità con il sistema contributivo sarebbe lievitata di 1300 euro a causa di un diverso sistema di tassazione. L'ufficio di presidenza è dovuto intervenire quindi con quello che Antonio Mazzocchi (Pdl), questore della Camera, definisce "un atto di prepotenza che non so se sia giuridicamente valido ma che abbiamo dovuto fare perché il sistema contributivo è sottoposto a un altro tipo di tassazione che avrebbe fatto aumentare lo stipendio del deputato di 1300 euro lordi: si tratta di meno tasse che dovrebbero essere restituite ai deputati. Ma siccome sappiamo che in questo momento non sarebbe stata tollerata una cosa del genere abbiamo deciso di spostare quei soldi in più spettanti ai parlamentari in un fondo Camera". Utilizzabile magari per eventuali ricorsi contro lo stop ai vitalizi come quelli - una ventina - già presentati al Consiglio di Giurisdizione presieduto dal finiano Giuseppe Consolo che si riunirà il prossimo 2 febbraio.

Addio ai vitalizi. Sono stati aboliti a partire dal 1° gennaio 2012, ed è stato previsto un sistema previdenziale basato sul metodo di calcolo contributivo (oggi è stato adottato il relativo regolamento). Quanto ai risparmi generati dalla nuova disciplina, la riduzione degli oneri derivanti dal solo innalzamento del requisito anagrafico per l`accesso al trattamento è stimabile in € 350.000 per il 2012; € 1.200.000 per il 2013 e € 2.000.000 per il 2014. "In pratica - si legge nella nota della Camera - per i deputati che saranno eletti per la prima volta a partire dalla prossima legislatura, l`importo del trattamento calcolato con il metodo contributivo potrà essere, in taluni casi, pari a circa un terzo di quello cui avrebbe avuto diritto sulla base della previgente disciplina. L`insieme di queste misure ha comportato, solo in questa legislatura, una riduzione delle competenze spettanti a ciascun deputato di un importo che può variare tra i 1.250 e 1.500 euro in meno



Il tetto agli stipendi dei manager pubblici. "Il governo Monti è pienamente consapevole dell'importanza del contenimento dei costi degli apparati burocratici. Dal buon esito dell'operazione dipendono sia il successo dei programmi di risanamento dell'economia, sia quello degli stimoli alla crescita e competitività. Il contenimento dei costi della burocrazia contribuirà cosi a rafforzare il credito di fiducia che i Paesi dell'Eurozona e gli investitori internazionali decideranno di accordare all'Italia nei mesi a venire". Lo afferma una nota di Palazzo Chigi sullo schema del provvedimento sul tetto agli stipendi dei manager pubblici. Per questo motivo "in tempi considerevolmente inferiori a quelli indicati dal decreto-legge approvato dal Parlamento lo scorso dicembre, e fissati in novanta giorni, il Presidente Mario Monti ha trasmesso al Presidente del Senato, Renato Schifani, e al Presidente della Camera, Gianfranco Fini, lo schema di provvedimento concernente il limite massimo retributivo dei dipendenti pubblici, previsto nel 'Salva Italia'".

Il parametro di riferimento per tutti i manager - Il provvedimento si fonda su due principi: Il trattamento economico complessivo del primo Presidente della Corte di Cassazione diventa il parametro di riferimento per tutti i manager delle pubbliche amministrazioni. In nessun caso l'ammontare complessivo delle somme loro erogate da pubbliche amministrazioni potrà superare questo limite. Secondo: per i dipendenti collocati fuori ruolo o in aspettativa retribuita, presso altre pubbliche amministrazioni, la retribuzione per l'incarico non potrà superare il 25% del loro trattamento economico fondamentale. Resta valido il tetto massimo indicato in precedenza. Lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri verrà sottoposto al preventivo parere delle competenti commissioni di Senato e Camera. Contestualmente, la Ragioneria generale dello Stato indicherà le modalità di versamento al Fondo per l'ammortamento dei Titoli di Stato delle risorse rese disponibili dall'applicazione dei limiti retributivi stabiliti dalla norma.

Le risorse non potranno andare a copertura di altre spese - Il decreto è in linea con gli scopi che il Governo, sin dal suo insediamento, si è prefissato affinché il tema divenisse parte integrante, e centrale, dell'agenda istituzionale. I provvedimenti varati finora - in particolare quelli noti come "Salva Italia" e "Cresci Italia" - procedono in questa direzione. Intendono cioè eliminare - o quanto meno ridurre - gli sprechi connessi alla gestione degli apparati amministrativi.

30 gennaio 2012

Redazione Tiscali



Nessun commento:

Posta un commento