mercoledì 11 dicembre 2013

ADDIZZIONALE REGIONALE IRPEF

Il Consiglio regionale ha approvato con 19 sì e 10 no (FI, Ncd, Udc, Lega nord) le “Disposizioni in materia di addizionale regionale Irpef” predisposte dalla Giunta di Palazzo Donini. Bocciato invece
l'emendamento presentato dalle opposizioni (primo firmatario Nevi), che chiedeva di rivedere l'addizionale regionale prevedendo la diminuzione
dell'aliquota tra 15 e 55mila, l'invarianza tra 55 e 75 mila e un piccolo aumento (0,35
per cento) oltre i 75 mila euro. (Acs) Perugia, 11 dicembre 2013 – Il Consiglio regionale ha approvato con 19 sì e 10 no (FI, Ncd, Udc, Lega Nord) le “Disposizioni in materia di addizionale regionale Irpef” predisposte dalla Giunta di Palazzo Donini. Bocciato invece l'emendamento presentato dalle opposizioni (primo
firmatario Nevi), che chiedeva di rivedere l'addizionale regionale prevedendo la diminuzione dell'aliquota tra 15 e 55mila, l'invarianza tra 55 e 75
mila e un piccolo aumento (0,35 per cento) oltre i 75 mila euro. L'atto predisposto dall'Esecutivo regionale si basa sui cinque
scaglioni di reddito previsti dalla normativa nazionale (il primo fino a 15 mila euro, il secondo  fino a 28 mila, il terzo fino a 55 mila, il quarto fino a 75 mila euro, il quinto oltre i 75 mila) per prevedere una rimodulazione delle aliquote dell'addizionale regionale che “mantenendo l'invarianza
fiscale riduce il carico sulle fasce reddituali più deboli, introduce incrementi progressivi per scaglioni di reddito”. GLI INTERVENTI DAMIANO STUFARA (Prc-FdS): “SODDISFATTI CHE SI ARRIVI A DECISIONE DI MODIFICARE IN SENSO PROGRESSIVO IL PRELIEVO FISCALE. Da due anni chiedevamo di ridiscutere il prelievo fiscale perché si sta modificando la composizione socioeconomica dell'Umbria e la platea contributiva, siamo perciò soddisfatti che, seppure in ritardo, ci si arrivi a questa decisione  di modificare in senso maggiormente progressivo il prelievo fiscale, perché c’è un problema di redditi, e c’è un problema di giustizia sociale in questa regione, c’è un problema di come si distribuisce o redistribuisce una ricchezza che fa sì che oggi i redditi e i ceti medio bassi vivano le maggiori difficoltà in questo contesto. Ora, ovviamente, io so bene che il cambiamento che questo provvedimento introdurrà non risolverà la gran parte dei problemi di queste famiglie, lo voglio dire in maniera esplicita perché i numeri li conosciamo e abbiamo bisogno di una discussione che sia fra noi intellettualmente onesta, però a me pare un segnale importante che va nella direzione, appunto, a differenza di quanto non sia accaduto in questi anni a livello nazionale, di un’inversione di tendenza che tenta di prendere un po’ di risorse nei redditi alti e redistribuirle verso la gran parte dei cittadini della nostra Regione che pagheranno un po’ meno tasse, cioè l’80 per cento degli umbri avrà un beneficio, chiedendo un sacrificio piccolo al 20 per cento che sta meglio, a me sembra un’operazione politicamente interessante, anche se non cambierà radicalmente la vita dei nostri concittadini. Avremmo però preferito più coraggio per arrivare ad un extra-gettito da destinare al sociale, a chi non ha la casa, ai non autosufficienti, e ci aspettiamo adesso che si trovino nel bilancio le risorse per chi vive questi gravi problemi. Poteva essere questa l'occasione”. OLIVIERO DOTTORINI (IdV): “IMPORTANTE CERCARE DI FARE LEVA SU SOGGETTI MENO ESPOSTI A RISCHIO PER TUTELARE LE FASCE PIÙ DEBOLI DELLA POPOLAZIONE. Non possiamo che essere d'accordo con quanto deciso dalla Regione in
materia di prelievo fiscale, ma continuiamo a ritenere che se da un lato è importante, pure in un momento di crisi, si persegua l’obiettivo dell’invarianza fiscale, è altrettanto importante cercare di fare leva su soggetti meno esposti a rischio per tutelare le fasce più deboli della popolazione che vedranno inevitabilmente diminuire la qualità e la quantità dei servizi offerti. Si tratta in definitiva della capacità di una società e di una comunità di offrire una risposta seria e equa a una situazione che vede la propria parte più debole in grande difficoltà, togliere qualcosa ai più facoltosi per darlo agli ultimi, a chi si trova a fare i conti con un
bambino in difficoltà, a chi deve accudire persone anziane, o non autosufficienti. Per esempio, non c’è cosa più ingiusta che fare parti uguali tra disuguali, avrebbe detto don Lorenzo Milani, non c’è cosa più rischiosa, aggiungiamo noi, che tentare di colmare la voragine finanziaria sui servizi sociali creata dal Governo Berlusconi attraverso operazioni di ingegneria finanziaria che impediranno ai cittadini di comprendere che cosa sta realmente accadendo nel nostro Paese riguardo al sistema di welfare e dei servizi. In concreto, il provvedimento oggi in esame produce una diminuzione o un’invarianza del peso fiscale sulla fascia di cittadini con un reddito inferiore archeologici 30mila euro, stiamo parlando dell'80 per cento
degli umbri. D’altra parte, anche per buona parte degli umbri, che invece vedono incrementare la pressione dell’addizionale Irpef regionale, l’aumento è talmente contenuto da apparire impercettibile, si tratta infatti di aumenti che, relativamente a quel 18 per cento di cittadini con redditi compresi tra 30 e 75mila euro annui, arrivano al massimo a 10 euro al mese, uno sforzo
che ci sembra, francamente, sopportabile. Da un lato la rimodulazione in senso progressivo delle aliquote appare sacrosanta, dall’altro lato la decisione di mantenere inalterato il gettito complessivo non ci permette di disporre
di un tesoretto che sarebbe risultato sicuramente utile nella prossima manovra di bilancio. Quella che ci aspetta infatti sarà una manovra con un raggio di azione assai limitato, con le risorse a libera destinazione che ammonteranno appena a 14 milioni di euro, lo 0,7 per cento del totale, da destinare in modo discrezionale a spese settoriali o alle coperture previste dalle varie leggi regionali”. RAFFAELE NEVI (FI): “L'AUMENTO DELLE TASSE PER I REDDITI MEDIO ALTI
DECISO DALLA SINISTRA RADICALE. TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA - Seppure le Regioni contribuiscono in minima parte alla contribuzione fiscale per imprese e famiglie, quella messa in atto dall'Umbria è una manovra finanziaria a
tutti gli effetti che noi intendiamo contestare e contrastare. Perché anche con questo intervento si dimostra che non è vero che la sinistra è a favore dei più deboli e che noi lo siamo dei ricchi. La decisione di aumentare l'addizionale Irpef per i redditi medio alti è stata presa ascoltando,
come sempre, la sinistra radicale, azionista decisiva di questa maggioranza, ma anche una parte del sindacato che non si ferma soltanto alla Cgil e che comprende pure una parte della Cisl. Quella di alzare le tasse, invece di intervenire sulla spesa pubblica improduttiva, è la classica impostazione della sinistra che, vista la difficoltà di tagliare preferisce chiaramente, perché è più facile, tassare i cittadini. Sarebbe stato meglio prevedere una invarianza fiscale per tutti, invece, se per 163mila umbri la tassazione rimarrà invariata, per 102mila aumenteranno le tasse. La nostra controproposta è molto chiara e si basa su quattro ambiti di intervento dai quali ricavare i 4,5 milioni di euro necessari a coprire la manovra di abbattimento delle aliquote sui redditi da 15 mila a 28 mila euro: 2,5 milioni di euro, su un totale di 23 milioni destinati ad enti ed associazioni; 500 mila euro dai 64 milioni di spesa annuale per il
personale; 1,5 milioni di euro, su 18 milioni di spesa annua che la Regione destina
alle ex comunità montane, alla agenzia forestale e alle funzioni associate. In questo modo ci sarebbero addirittura maggiori benefici per le fasce più deboli, salvaguardando al contempo il ceto medio. Aumentando le tasse, solitamente poi diminuisce il gettito. È necessario liberare risorse attraverso operazioni legate alla sussidiarietà orizzontale, costruire reti di collaborazione con Fondazioni bancarie, prevedere interventi attraverso project financing. Di fatto prevedere maggiore collaborazione tra pubblico e privati. Vorrei anche ricordare che questa amministrazione regionale, ad inizio legislatura dichiarò ed assicurò che non avrebbe mai aumentato le tasse. Ma così non è stato. È necessario mettere in campo ogni strumento necessario a contrastare l'evasione fiscale evitando di accanirsi sulle persone perbene che le tasse le hanno sempre pagate e continuano a farlo”. MASSIMO BUCONI (Psi): “QUESTA MANOVRA OPERAZIONE EQUA. SI GUARDA CON MAGGIORE ATTENZIONE ALLE FASCE PIÙ DEBOLI E AL CETO MEDIO - Questo provvedimento e le discussioni a cui ha dato seguito, dimostra  la diversità tra destra e sinistra. La crisi sta mettendo a nudo le mistificazioni culturali ed economiche messe in atto dalla destra a livello governativo. Il mio gruppo politico da tempo ha abbandonato l'idea che pubblico è bello e privato è brutto. Bisogna però capire fino in fondo, studiando attentamente la situazione, quale dei due settori è realmente più economico, facendoli chiaramente 'giocare' con le stesse regole. Il
Governo Monti e successivamente quello attuale presieduto da Letta hanno dovuto scoprire tutto quello che fino ad allora era stato nascosto dal Governo Berlusconi, scoprendo la cruda realtà del debito pubblico, del deficit eccessivo, di uno spread altissimo. Per anni il centrodestra non ha affrontato i problemi. Alcuni provvedimenti, se affrontati 10-15 anni prima sarebbero stati sicuramente più efficaci per il sistema paese. Come pure mistificazione si continua a fare sul debito pubblico che proprio con i governi Berlusconi è andato fuori controllo. Non è vero che noi, oggi, aumentiamo in Umbria le tasse. Stiamo invece predisponendo, ad entrata fiscale invariata, una razionale redistribuzione di tassazione su diverse fasce di reddito, guardando con maggiore attenzione a quelle più deboli e al ceto medio. Il problema oggettivo è che, in Italia, non esiste un sistema fiscale utile ad accertare realmente la vera condizione degli italiani. Con un sistema ben regolato dallo Stato, che dia indicazioni precise su patrimonialità e redditualità dei cittadini, i ricchi, che  rappresentano un grande valore, contribuirebbero a diminuire la povertà degli stessi  poveri. L'auspicio è quello di prevedere la detrazione dell'iva
anche per i privati. Sarebbe un contributo fortissimo all'evasione. Questa manovra rappresenta un'operazione equa a differenza dell'emendamento del
centrodestra che vorrebbe sostanzialmente intervenire sul taglio dei contributi ad Enti
ed associazioni; sulla riduzione di risorse destinati a progetti per la tutela ambientale; sui contributi destinati allo sviluppo dell'Umbria e al
sostegno dell'economia privata (attraverso Sviluppumbria); sul taglio dei fondi
per interventi relativi all'istruzione universitaria. Non dobbiamo infine dimenticare che, da tempo, la Regione sta portando avanti importanti riforme per l'abbassamento della spesa pubblica”. ORFEO GORACCI (Comunista umbro): “CONDIVIDO IL CRITERIO DI PROGRESSIVITÀ FISCALE CONTENUTO NEL PROVVEDIMENTO DELLA GIUNTA. Si vanno a prendere le risorse là dove sono, a fronte di un progressivo impoverimento sociale. Molte le famiglie di lavoratori che hanno perso l'impiego e che vivono
con seicento euro al mese, ben altra la situazione di chi ha redditi da settantamila euro lordi all'anno. Votando questo provvedimento dobbiamo pensare anche a chi fuori di qui guarda noi trentuno che percepiamo dai centomila euro in su. Certo è che il peso fiscale non è equamente ripartito a causa dell'evasione ed elusione fiscale che nessuno dei governi finora succedutesi ha saputo eliminare. Centrodestra dice no al provvedimento e propone tagli ulteriori alla spesa pubblica, già  pesantemente penalizzata  e di cui sentiamo il peso anche in Umbria: nella scuola, università, trasporti, servizi pubblici  etc. La nostra Regione ha dimostrato poi di saper spendere con rigore nella sanità, superando Regioni del Nord e diventando, insieme ad altre due, punto di riferimento di spesa. Non considero il ceto medio  un avversario, né un soggetto da spennare fiscalmente, anzi la piccola imprenditoria soprattutto giovanile, va incentivata. Considero avversari le politiche sbagliate e mi auguro che l'aumento della ricchezza sociale e individuale non sia raggiunta a
scapito delle fasce sociali più deboli come ancora accade oggi, anche in questa situazione di crisi”. MANLIO MARIOTTI (PD): “ DALLA CRISI NON SI ESCE CON MENO RISORSE PUBBLICHE. Pensare che il provvedimento che portiamo a votazione stamattina sia in qualche maniera antesignano di una svolta fiscale tale da far dire dire a qualcuno che riappare lo spettro del comunismo e del prelievo di stato è una grossolana caricatura. Un diffuso malessere sociale riguarda un numero
sempre maggiore di soggetti sociali, a noi spetta il compito di dare segnali di attenzione, ma anche di impegno per risposte sostanziali a domande e
bisogni. Molti interventi critici del provvedimento sono sparametrati rispetto ai
suoi contenuti reali. Questo atto è in adempimento alla modifica che il Governo ha fatto rispetto alla esenzione della fascia di 15mila euro di reddito per tutti i contribuenti; è stato adottato nella scelta fatta un metodo che condivido, si è chiesto cioè di più a chi può permettersi di versare. Forse avremmo potuto fare qualcosa di più nei confronti dei redditi più bassi, ma in questo senso non voglio accentuare la critica e invito pure l'opposizione a fare altrettanto e a non usare  argomenti polemici nei confronti di quello che è un piccolo aumento di prelievo a chi può reggerne il peso. Avremmo potuto, forse, fare altri sforzi, e possiamo ancora farlo, per limare ancora altre spese e renderle più rigorose. Anche se molto in questo senso è già stato fatto: nella sanità, nei costi della politica ad esempio siamo riferimento nazionale. Se il senso dell'emendamento dell'opposizione fosse stato quello di raggiungere un obiettivo di
maggiore rigore ed efficienza avremmo potuto lavorarci insieme. Ma si è scelto di proporre un atto le cui coperture sono individuate tagliando sui fondi dell'Università, diritto allo studio, cultura, ricerca per non far
pesare quei 30/40 euro in più all'anno sulle spalle di chi ha redditi più sostenibili. Dalla crisi non si esce con meno risorse pubbliche, non è così che faremo ripartire la macchina italiana e umbra”. SANDRA MONACELLI (Udc): “UNA RIGIDITÀ SCHEMATICA DELLE FASCE NON RAPPRESENTA IL NOSTRO PAESE. NON CONVINCE L'OPERAZIONE ROBIN HOOD. Oggi
è in atto una revisione del concetto stesso di ceto medio. Serve una analisi approfondita del rischio che le fasce di vulnerabilità hanno e delle modifiche sociali intercorse. Il reddito di 60 mila euro non rappresenta l'identificazione del ceto medio, anche perché bisognerebbe vedere quale famiglia gode di quel reddito: se un solo soggetto o una famiglia numerosa. Quindi una rigidità schematica sull'applicazione delle fasce non
rappresenta il nostro Paese. Non mi convince l'interpretazione dell'operazione
Robin Hood, non si capisce chi sono i ricchi e come si fa a determinare quale
siano gli aumenti di tassazione che possono essere ritenuti marginali. Non guardiamo solo ai tagli e agli sprechi degli altri, ma vediamo quelli di
casa nostra. Va allontanata l'idea del partito 'tassa e spendi',
contro cui si è mobilitato il movimento dei forconi. Mostrare attenzione ai redditi bassi ci trova d'accordo ma si vanno a prelevare risorse sempre sui soliti
soggetti, col rischio che il ceto medio finisca nella fascia di vulnerabilità e poi di povertà. Suggerisco la ricerca di soluzioni più complesse e difficili, più oculatezza nella spesa pubblica, riduzione dei costi energetici sulla scia
di quanto fatto dalla Provincia di Milano. Tutto questo per evitare di ricadere sempre sul filone della tassazione”. MASSIMO MANTOVANI (Ncd): “MOLTO RUMORE PER NULLA. QUESTA MANOVRA NON INCIDE IN MANIERA RILEVANTE SU PARTICOLARI CATEGORIE. Abbiamo firmato
l'emendamento presentato da Nevi perché intravediamo in questa operazione una linea di tendenza che non ci convince. Non certo perché vogliamo far impoverire i poveri e arricchire i ricchi. In Italia c'è il sistema  di tassazione
più oppressivo di tutta Europa. Questa è l'eredità della Prima Repubblica e
che la la Seconda non è stata in grado di invertire. Il debito pubblico italiano è decollato con l'istituzione delle Regioni. In quegli anni il debito pubblico è esploso e oggi è il terzo del mondo. Vige un contratto non scritto, in Italia, con alte tasse ai privati (nella consapevolezza
tollerata dell'evasione) e un reddito basso nel pubblico ai cui dipendenti si
chiede poco. Non si può certo dire che tutta la spesa pubblica si riferisce a sistemi che funzionano. È stata soprattutto la sinistra ad impedire il rientro del debito pubblico, illudendosi di difendere il proprio terreno e
il proprio terreno: qualsiasi tentativo di razionalizzazione della macchina pubblica veniva dipinto come un attacco alle istituzioni. In un momento come questo non vanno alzate le tasse ma prodotti risparmi e razionalizzazioni.
La politica ha il dovere di dare l'esempio: riprendendo una mia idea di 5
anni fa, proporremo una robusta riduzione dei costi della politica a partire dai consiglieri regionali. Potrò illustrare la proposta tra pochi giorni. Mi auguro che ci sarà la condivisione degli altri gruppi”. FABRIZIO BRACCO (assessore regionale): “LA DISCUSSIONE DI OGGI SI È INCENTRATA NEL RIPESCAGGIO DI TEOREMI ANTICHI SU DESTRA E SINISTRA PIUTTOSTO CHE SUI VERI CONTENUTI DEL PROVVEDIMENTO. L'unica legislatura che ha
portato ad una riduzione dell'imposizione fiscale è stata quella dal 1996 al
2001, che scelse di perseguire con determinazione l'evasione fiscale. Se
vediamo come sono applicate le aliquote nelle varie Regioni italiane, scopriremmo
che Campania e Calabria hanno una sola aliquota per tutti. Il Piemonte arriva fino all'1,1 per cento. La Lombardia ha lo 0,2 sotto i 15 mila e passa
allo 0,5 per tutti i redditi sopra i 28 mila euro. E queste sono tutte regioni governate dal centrodestra. Tolto il Veneto e le regioni a Statuto speciale, in tutti gli altri territori ci sono aliquote più alte dove governa il centrodestra. Questo smentisce i teoremi esposti fino ad ora. Giusto ieri il direttore dell'agenzia delle entrate ha parlato di 130 miliardi di euro
di evasione su un bilancio nazionale di 800. Il sistema fiscale italiano deve essere alleggerito, prendendo però i soldi dove ci sono e recuperando evasione. Non è vero che il debito italiano si è appesantito con le Regioni e con la riforma del titolo V della Costituzione. La spesa delle Regioni e degli enti locali è cresciuta per il trasferimento di funzioni che non è stato seguito dal trasferimento di personale e risorse. Le distorsioni sono prodotte da un sistema solo parzialmente riformato. La Regione Umbria ha ridotto molti dei suoi costi, dal personale alle consulenze, fino ai costi della politica (che dalla prossima legislatura regionale caleranno del 25
per cento mentre il Parlamento non ha fatto tagli). L'addizionale Irpef rappresenta solo il 10 per cento delle entrate
regionali, mentre il grosso viene dal bollo auto: il carico fiscale regionale è inalterato da anni, nonostante le difficoltà e i tagli successivi arrivati da Roma (il bilancio complessivo è diminuito di 200 milioni). Questa piccola manovra non grava sulla società regionale. Non riconosco la fotografia emersa durante i lavori: su 494 mila contribuenti umbri, 391 mila (il 79 per cento) non ricevono nessun aggravio. Molti anzi ricevono uno sgravio, seppur minimo. In Umbria abbiamo circa 20 mila contribuenti oltre i 55 mila euro, davvero questo è il ceto medio? Chi ha un reddito di 100mila euro dovrà pagare 17 euro in più al mese. Quanto alle proposte avanzate: che ci fosse un difficoltà del centrodestra verso cultura e ricerca era chiaro. Ma mi sorprende che si possano indicare per i tagli capitoli come l'Accademia
di Belle arti di Perugia alle manifestazioni culturali più significative fino alla fondazione 'Perugia Assisi 2019', fino al diritto allo studio e all'Adisu (nonostante il calo già in atto delle iscrizioni
all'Ateneo di Perugia). Ci impegniamo a razionalizzare la spesa, ma non certo intervenendo su quei capitoli. Sulla sanità: l'Umbria viene presa a riferimento nazionale. Si potranno fare ulteriori riforme ma non siamo nelle condizioni di dover ripianare deficit o introdurre tasse per sanare i bilanci. Ci sono problemi reali e gravi, come quelli ricordati da Dottorini e Stufara su anziani e emergenza abitativa: in sede di bilancio cercheremo di intervenire anche su questi argomenti”. SCHEDA. ADDIZIONALE IRPEF  Cinque sono gli scaglioni di reddito previsti dalla normativa nazionale: il primo fino a 15mila euro (nessuna maggiorazione), il secondo fino a 28mila (maggiorazione dello 0,40 per cento), il terzo fino a 55mila (+ 0,45 per cento), il quarto fino a 75mila (+ 0,50), il quinto oltre i 75mila euro (maggiorazione dello 0,60 per cento). A differenza di prima, quando l'addizionale Irpef quantificava una maggiorazione dello 0,2 per cento
da applicarsi sull'intero reddito, l'imposta verrà ora calcolata sulla
quota eccedente lo scaglione fino a 15mila euro, con consistenti sgravi per la seconda e terza classe di reddito (che rappresentano il grosso dei contribuenti) ed una lieve incidenza sul quarto.  L'84 per cento dei cittadini si trova dentro le “fasce protette “e la Regione Umbria, che poteva arrivare ad una maggiorazione dell'1,1 per cento, ha scelto lo
0,2. Se andiamo a vedere nel dettaglio, lo 0.4 per cento dovuto da chi percepisce un reddito annuale entro i 28mila euro (più di 400mila umbri), essendo calcolato solo sulla parte eccedente i 15mila di base, di fatto fa pagare lo 0,2 sull'intero ammontare. A 55mila euro l'anno, si pagano 63 euro,
ripartiti in dodici mesi. Chi si trova sopra i 100mila euro l'anno pagherà 180
euro al mese di addizionale. L'addizionale regionale Irpef fu disciplinata per la prima volta nel
2001 e la Regione Umbria la quantificò nello 0,2 per cento, da applicarsi all'intero reddito (con esclusione di quelli del primo scaglione).
L'imposta verrà ora calcolata sulla quota eccedente lo scaglione fino a 15 mila euro, “con sgravi per la seconda e terza classe di reddito (che rappresentano il grosso dei contribuenti, rispettivamente 163 mila e 228 mila) ed una lieve incidenza sul quarto”. PG/AS/TB/MP link alla not
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