venerdì 30 novembre 2012

SOLDI AI PARTITI

Ma perché i partiti non vogliono rinunciare a quei soldi? Sergio Rizzo ce lo spiega oggi sul Corriere della Sera:


Nel solo triennio dal 2008 al 2010, secondo i dati pubblicati sulle Gazzette ufficiali e tenendo conto dell’inflazione, i tesorieri si sono visti recapitare più di 847 milioni: grazie anche a quella famigerata leggina che ha garantito loro razione doppia di contributi per Camera e Senato facendo correre i versamenti pure in caso di fine anticipata della legislatura. Il tutto a fronte di spese elettorali documentate, per le elezioni politiche del 2008, di 136 milioni.

Il fatto è che i partiti costano. E costano cari.

Ecco dov’è il problema, e perché a qualcuno i soldi, pur essendo troppi, non bastano mai. Al punto che, per consumare i rimborsi elettorali, non si aspettano nemmeno più le rate. Si può fare dal febbraio del 2006, grazie a una norma approvata alla vigilia delle elezioni, che recita testualmente: «Le somme erogate o da erogare… e ogni altro credito, presente o futuro, vantato dai partiti o movimenti politici possono costituire oggetto di operazioni di cartolarizzazione e sono comunque cedibili a terzi».

Eccolo, quindi, il motivo:

Niente di più facile, quindi, che qualche partito abbia già incassato la sua parte della famosa seconda tranche, e ora non sarebbe certo in condizioni di restituirla. Ecco dunque spiegata l’agitazione provocata dalla decisione di congelare quei cento milioni che dovrebbero essere pagati a luglio.

Insomma, il problema è che i partiti, se rinunciassero, sarebbero nei guai con le banche. Esattamente come imprenditori ed operai che si suicidano. Solo che i principi, i padroni, i potenti non possono mica rischiare qualcosa. A spararsi devono essere solo i poveracci.

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