domenica 26 febbraio 2012

MEDICI LA REGIONE FA CASSA

Sale la protesta contro la delibera che impone l'aumento del 29% sulle prestazioni effettuate dai professionisti in regime intramoenia


ARTICOLO
SAB, 25/02/2012 - 00:00
DI LARA PARTENZI

PERUGIA - Si pagava 100 euro? Da lunedì prossimo i pazienti sborseranno 129 euro per la medesima prestazione. E da 250 euro si sale in un sol colpo a 322,5 euro, ma neanche un centesimo della differenza, in soldoni 72,5 euro, andrà ai medici, per finire dritta dritta nelle casse della Regione.

Sconcerto e dissapore? C'è chi non esita a definirlo un vero e proprio "pizzo" e chi, con toni più diplomatici ma marcatamente alimentati dallo stesso sentiment, parla di una «vessazione» che andrà a pesare totalmente sulle tasche dei cittadini e che mette a repentaglio la competitività del sistema sanitario regionale.

I medici, gli ospedalieri così come gli universitari, fanno squadra parlano di una «delibera discriminatoria» e «piovuta dal cielo» con cui la Regione ha «imposto unilateralmente» l'aumento del 29% sul costo di tutte le prestazioni effettuate dai professionisti delle strutture sanitarie pubbliche che operano in regime intramoenia, ovvero visite ed interventi effettuati in regime libero professionale, e dunque fuori dall'orario di lavoro - sia all'interno delle strutture sanitarie stesse sia al di fuori, quando il servizio non può essere garantito internamente - attraverso una convenzione e tariffe rigorosamente concordate.

Aumento che, in Umbria, scatterà a partire da lunedì 27 ma che - ecco il j'accuse non solo al merito ma anche al metodo - è stato comunicato dalla Regione soltanto pochi giorni fa «neppure il tempo di aggiornare i tariffari», puntualizzano i medici.

Si sa, i sostanziosi tagli delle risorse destinate alla sanità richiedono meccanismi di compensazione e dunque, su questo punto, la Regione non è intenzionata a fare il benchè minimo passo in dietro. Dopotutto la misura «era talmente scontata», «invece di farlo tre mesi fa l'abbiamo fatto ora», «siamo l'ultima regione d'Italia che ha attivato questo ticket, frutto di un confronto con il ministero quando abbiamo rinunciato al ticket fisso di 10 euro e dovevamo dare alternative su cui calcolare ipotesi di rientro», spiega l'assessore di competenza, Franco Tomassoni, nell'ammettere, però, che era possibile «una modulazione diversa».

Ad esempio, la Toscana ha aumentato, ma in percentuale minore e solo su una parte della tariffa.

Ma tant'è, il Governo ha imposto di far quadrare i conti «ci sono ipotesi di entrate che devono essere rispettate», e poi, «il servizio intramoenia è una libera scelta del cittadino - precisa l'assessore -, che i medici si arrabbino ci può anche stare visto che devono lavorare, vorrà dire che possono sempre scegliere di applicare uno sconto».

A conti fatti, per i medici significherebbe ridurre ulteriormente la quota attualmente percepita attraverso le prestazioni intramoenia, quota che, come previsto dalla legge, non può superare il 49% del totale pagato dal paziente: «La struttura sanitaria, in caso di prestazione ambulatoriale interna in regime intramoenia, incassa i soldi che vengono pagati dai cittadini attraverso il Cup, trattiene per sè circa il 5%, ci paga le tasse e poi dà la quota netta della prestazione al singolo professionista, che è al di sotto del 50%», afferma il segretario regionale Cisl medici, Pino Giordano. Nel caso in cui, poi, le prestazioni vengano effettuate all'esterno, ad esempio in uno studio privato, perchè la struttura pubblica non può offrire l'assistenza prevista dalla legge - spazi, personale e strumentazione adeguata - i soldi incassati attraverso le prestazioni, sempre a tariffa concordata, vengono girati alla struttura (che trattiene la sua parte e paga le tasse) per il 60%, mentre il restante 40% resta al professionista. E dunque i medici puntualizzano: con il nuovo regime «noi non prendiamo neanche un centesimo in più».

Ma la prestazione intramoenia deve essere garantita in quanto prevista dalla Riforma Bindi, studiata «per mettere in competizione il servizio sanitario nazionale rispetto ai privati», mentre l'incremento delle tariffe deliberato dalla Regione va nella direzione opposta, perchè «si rischia la riduzione delle prestazioni e questo significa che lavoriamo di meno noi, ma anche le strutture», puntualizza ancora Pino Giordano, pronto a dare battaglia contro una decisione «non condivisa nè con gli interessati nè con i sindacati».

Molto malumore anche tra la componente universitaria con il professor Elmo Mannarino che, in veste di presidente, annuncia una riunione del Collegio dei clinici - l'associazione costituitasi nell'ambito della facoltà di medicina dell'Università degli studi di Perugia che raggruppa i medici universitari convenzionati con l'azienda ospedaliera - per invitare la Regione a togliere la «delibera discriminatoria, perchè non riguarda tutte le prestazioni erogate ma solo quelle private».

Per la Regione la misura era «scontata», per i cittadini un po' meno.



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